La cara Patrizia nasce al Cielo il 30 gennaio 2016, all’età di 39 anni appena compiuti, dopo aver lottato eroicamente per circa due anni contro una malattia incurabile e devastante, sorretta da una fede autentica e da una fiducia incondizionata in Dio e nei suoi Santi.

Fiducia che non si è mai spenta fino alla fine così come il suo splendido sorriso, impresso nella memoria di molti, capace di irradiare luce nel buio della malattia e in grado di donare consolazione e pace a tutti coloro che impotenti assistevano alle limitazioni che il male stesso le comportava.

Speranza che arrivava dall’affidamento della propria vita al Sacro Cuore di Gesù, che giorno dopo giorno veniva alimentato dall’amore che Patrizia professava per il Signore e la Vergine Maria, contagiando le persone accanto a lei, che ne ammiravano la forza e la determinazione con cui affrontava il percorso della malattia anche quando essa era divenuta irreversibilmente progressiva.

Affidamento che Patrizia quotidianamente rinnovava, recitando il Santo Rosario e la Novena all’Amore Misericordioso della Rev.ma Beata Madre Speranza di Gesù, a cui era molto devota, che chiudeva ogni giorno con questa frase della Madre:

“Si compia, Dio mio, la Tua volontà anche se mi fa molto soffrire.

Si compia, Dio mio, la Tua divina volontà anche se non la comprendo.

Si compia, Dio mio, la Tua divina volontà anche quando non la vedo.

Si compia la Tua volontà in tutto e per tutto”.

Nella malattia c’era la sua missione

Patrizia in uno scritto del 22 marzo 2015 si rivolgeva così alla Madonna del Buon Consiglio:

“Cara Madonnina, Ti affido la mia salute, la mia malattia, i giorni o mesi di vita che avrò ancora davanti,

la mia storia con Diego, la mia famiglia…in una parola la mia missione. Intercedi presso Tuo Figlio per capire qual è la Sua volontà su di me e quindi il mio bene e conforta me e tutte le persone che ho in mente, tutte malate di tumore, e donaci la forza di affrontare quello che ci riserverà il futuro, nel bene e nel male.

Te lo chiedo in nome di Gesù e Vi ringrazio con tutto il cuore per quello che mi avete dato e mi darete.

Con tanto affetto, Patrizia”.

Patrizia aveva capito che la malattia era la sua missione.
Dal giorno in cui scoprì di essere malata, nel marzo del 2014, ha sempre saputo che la scienza medica non l’avrebbe guarita. Le sue conoscenze e competenze in campo medico e farmacologico le avevano permesso di capire fin da subito quale sarebbe stato il suo futuro: solo Lui avrebbe potuto salvarla!

“Non è mai stata polemica, né rancorosa, ma informata, consapevole e fiduciosa. Non ha mai detto: “perché proprio a me? cosa ho fatto di male?”. Sei stata un esempio sotto tanti aspetti, anche una malata modello” (Dott.ssa Maria Vittoria Oddero).

Eppure lei non pretendeva la guarigione, con le sue preghiere continuava a ribadire al Signore che avrebbe accettato qualsiasi scelta Lui gli avesse riservato: non si trattava di rassegnazione, “né di un escamotage psicologico per affrontare l’angoscia, ma di vera Resurrezione”, come scrive la dott.ssa Maria Vittoria Oddero nel suo ricordo personale su Patrizia, di fiducia e abbandono al volere di Dio. “Se è vero che tutti i malati di patologie inguaribili sono persone ricche di vita poiché percorrono inevitabilmente una intensa ricerca di senso e sanno con chiarezza quali sono le cose che contano davvero, tu però hai dimostrato che ciò che fa la diversità è la fede” (Dott.ssa Maria Vittoria Oddero).

“Con quel suo tono pacato, provato ma non vinto, sapeva affrontare il grande dolore con fiducia, ricevendo da Maria la grazia di saper accettare il distacco dagli affetti, dalla sua mamma e dal suo papà – a lei tanto cari, dai suoi preziosi amici, e dal suo amato Diego. La sua spiritualità nobile e alta, confortata dal Padre spirituale, resta un esempio di vita da imitare. La tua vita terrena, Patrizia, è stata certo breve ma perdura l’amore e la generosità con cui hai saputo viverla fino in fondo” (Dott.ssa Caterina Chiappara).

“E’ nella malattia che Patrizia ha rivelato tutta la sua forza, fin dall’inizio, quando con determinazione ha affrontato una diagnosi non facile, senza mai chiudere gli occhi davanti alla realtà. Giorno dopo giorno il cammino si faceva sempre più faticoso ma Patrizia non ha mai mollato, sostenuta da una fede che la sofferenza ha rafforzato. Ha continuato a vivere con l’umiltà di riconoscersi fragile (a me che andavo a trovarla in ospedale, diceva, tenendomi la mano e guardandomi negli occhi: “ho paura..”), ma anche con la gioia autentica di godere delle piccole cose che le erano rimaste (ricordo la sua contentezza, quando l’ultimo Natale -lei stava già molto male- le ho portato un mio piccolo presepe)” (Dott.ssa Gabriella Martinengo).

Così Patrizia si rivolgeva così alla Madonna del Buon Consiglio: “donami la forza per affrontare questa malattia e fa che, nel mio dolore, possa essere lucernaio!”. La scoperta della malattia non aveva minimante intaccato la sua fede, perché “Gesù è bravo!”, ripeteva continuamente Patrizia, anche quando tutto andava storto e gli esiti degli esami indicavano un avanzamento della malattia. Quel “Gesù è bravo” denota la grande confidenza che Patrizia aveva con il Signore: il Signore era per lei amico, padre, fidanzato, con il Quale aveva un dialogo costante.

“Pur consapevole del suo stato precario e sofferto di salute mai da lei un lamento una recriminazione ma un vivere la malattia in un’ottica di fede convinta, appassionata così contagiosa da lasciare un’impronta serena e rasserenante…le sue doti di intelligenza e di cuore unite a una spiccata umanità nel tratto gentile e dallo sguardo luminoso e nella conversazione sobria e misurata la rendevano amabile”, così la ricorda don Giuseppe Forasacco, suo padre confessore del Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza.

Quando chi le stava accanto era sopraffatto dallo sconforto nel vedere il suo fisico sempre più indebolito giorno dopo giorno dal progredire della malattia, Patrizia era solita ribadire: “il Signore non permette mai una croce che non si è in grado di portare, per quanto difficile possa sembrare!” e poi ancora “il Signore non manda le malattie ma può permetterle: Lui ha un progetto più grande per ciascuno di noi”.

Patrizia era consapevole che se il Signore aveva consentito questa deviazione improvvisa nella sua vita, era per un motivo. A lei bastava essere consapevole di questo.

Patrizia sapeva di non essere sola, non perché c’era tutta la sua famiglia, Don Filippo, che quotidianamente passava a casa sua a portarle il Corpo di Cristo, e i suoi amici più stretti accanto a lei, ma perché sapeva che il Signore le era accanto, a casa con lei così come in ospedale: lei di questo ne era certa!

Così la ricorda Suor Veronica dal Santo Volto, Missionaria della Passione, “Una domenica mentre stavo riempiendo le bottiglie per i pellegrini sentii qualcuno che mi chiamava”. […] “Non avevo riconosciuto che era Patrizia se non dalla sua voce, in effetti la prima volta che la incontrai aveva la parrucca con i capelli lunghi. Ora i capelli erano i suoi e quindi pensai che doveva stare sicuramente meglio. In realtà non era così… poco dopo mi cominciò a raccontare tutto il suo Calvario. Se ci ripenso mi viene da piangere, il tumore si stava diffondendo in tutto il suo corpo con tante metastasi. Sentivo tutto il suo dolore e avrei tanto voluto consolarla e incoraggiarla. Lei portava con amore questa croce, ma aveva un grande desiderio di guarire e di vivere. Ancora una volta sono stata edificata dal suo comportamento, invece di lamentarsi e di lasciarsi schiacciare dal dolore lei era serena. Non era una serenità finta o superficiale, lei aveva una profonda pace interiore che le veniva da una grande fiducia di Dio” […] “Quando Diego mi informò che Patrizia era volata in Cielo, non potei fare altro che piangere. Piangevo e piango ancora adesso mentre scrivo questa testimonianza. Mi consolo pensando che anche Gesù ha pianto davanti alla morte dell’amico Lazzaro… credo che siano lacrime benedette. Sono rimasta particolarmente colpita quando Diego mi ha detto che quando Patrizia era nel letto sofferente baciava il crocifisso… questi per me sono i santi, coloro che portano con amore la propria croce”.

Quando non riusciva più ad alzarsi dal letto, Patrizia teneva accanto a sé il Rosario di San Benedetto in una mano, che le aveva regalato Maria Scimeca, una sua cara amica conosciuta a Collevalenza, e il crocifisso di Medjugorje nell’altra. Erano sempre accanto a Lei… e quando era diventata un Angelo, teneva stretta in una mano la teca con al suo interno Gesù Eucaristia.

“Patrizia era una persona speciale – così la ricorda la sua amica Patrizia Ferrua – era sempre la prima a chiedere come stavo e come procedeva la terapia sempre molto altruista, quando andava da qualche parte mi portava sempre qualcosa, un braccialetto (che porto sempre quando esco) l’acqua di Collevalenza (che tengo sopra lo scaffale) delle immaginette … ma quello che porto sempre nel mio cuore è il suo meraviglioso sorriso, la sua voglia di vivere, la sua totale devozione e poi la sua simpatia riusciva a scherzare anche nei momenti di dolore …”.

Nonostante il dolore e l’affaticamento legato all’avanzamento della malattia e alle cure, Patrizia metteva sempre davanti a sé gli altri ammalati che conosceva nel suo cammino di malattia. Quando incontrava altri malati che presto diventavano suoi amici, si prodigava per portare loro l’acqua benedetta del Santuario di Collevalenza con la Novena di Madre Speranza, le rose e gli oli benedetti presi a Cascia al Santuario di Santa Rita. Si spendeva per distribuire nelle chiese degli Ospedali in cui si recava (Asti, Torino, Milano e Padova) delle immaginette di Santi, perché sapeva che sarebbero state di aiuto e conforto per altre persone, così come si commuoveva di fronte ad altri malati; in molti ricordano i suoi occhi lucidi di fronte a un giovane poco più che ventenne malato extracomunitario “mi fa tanta pena” –diceva – “lui è da solo, non c’è nessuno accanto a lui” e così allora prima di andare a fare la terapia passava sempre a trovarlo o chiedeva alle infermiere informazioni sul suo stato di salute, portandogli delle immagini e una volta ricordo che gli portò un poster di Gesù Misericordioso.

E poi ancora con un’altra giovane donna sola di nome Rosanna a cui aveva regalato i petali di Santa Rita e l’acqua di Collevalenza: “Patrizia mi ha stupita con i suoi gesti di altruismo nei confronti di una ragazza anche lei malata ma sola – così testimonia l’infermiera Paola Franco del Day Ospital Oncologico di Asti – e che Patrizia considerava molto più sfortunata di lei che invece aveva mamma, papà, Diego, disposto a tutto per aiutarla, e tanti amici”.

Sua Eccellenza Padre Francesco Guido Ravinale, Vescovo Emerito della Diocesi di Asti, nella sua testimonianza sottolinea che nell’ultimo colloquio che ebbe con Patrizia si rivolse a lei con queste parole: “Ammiro la tua forza e la tua rassegnazione. Mi dai coraggio per affrontare le mie piccole croci quotidiane. Sei preziosa perché preghi per tutti e perché metti le tue sofferenze nel tesoro della Chiesa, per farne moneta sonante di redenzione. Sei vicina a Gesù, sulla croce come Lui, paziente come Lui e partecipe con Lui della salvezza del mondo”.

“Patrizia offriva le sue sofferenze per la conversione dei cuori delle persone a lei più care e per la guarigione di altre persone malate come lei di tumore che aveva conosciuto girando da un ospedale all’altro” ricorda la sua amica Renata Ronco.

Anche il suo caro amico Claudio Calegaris ricorda l’aspetto sottolineato da Renata: “anche nei momenti più tristi e dolorosi della malattia metteva sempre gli altri davanti a sé, tanto che una volta mi disse che il dolore che avrebbe dovuto sopportare sarebbe stato evitato a qualcun altro. Ed ogni volta che io mi arrabbiavo con Dio per la malattia che le era toccata, lei era sempre pronta a confortarmi dicendomi che era proprio grazie a Dio che, nonostante tutto, si sentiva serena e pronta al sua destino, qualunque questo fosse”.

Patrizia: strumento di incontro con il Signore

Oltre a tutti noi c’era una moltitudine di persone che, sebbene non conoscessero Patrizia, avevano creato una fitta rete di preghiera coinvolgendo diverse comunità parrocchiali, conventi e monasteri disseminati in tutta Italia fino all’estero.

Dal nord Italia fino a Collevalenza per passare poi da Medjugorje, da Suor Kornelia per arrivare all’India dove operava la comunità di Don Giorgio, il cappellano dell’Ospedale di Asti: diversi gruppi di preghiera e centinaia e centinaia di persone, religiosi e laici, tra cui anche dei medici che l’avevano in cura, o anche medici che l’avevano soltanto conosciuta, come la figlia di Santa Gianna Beretta Molla, la Dott.ssa Gianna Emanuela Molla, uniti in comunione di preghiera.

Anche lo stesso Vescovo Mons. Francesco Ravinale di Asti che di tanto in tanto veniva informato sulle condizioni di salute di Patrizia, assicurava la sue preghiere. Quando si dice la forza della preghiera nella comunione fraterna in Cristo!

Vi erano poi chi intraprendeva pellegrinaggi a piedi per chiedere la guarigione di Patrizia, come testimonia la dott.ssa Patrizia Graziano, ma lasciamo che sia lei stessa a parlarcene: “Le avevo promesso che per lei sarei andata a piedi da casa mia al Santuario della Madonna del Buon Consiglio più volte. Patrizia era stata molto contenta di ciò e mi aveva detto: “Ma tu farai questo per me?” “Certo assolutamente si!”, le avevo risposto e lei mia aveva sorriso con quel suo sorriso che ti faceva sentire in pace col mondo”

Patrizia ha mosso anime e cuori, rendendosi disponibile a portare la sua croce e diventando così strumento di conversione di cuori, come ci ricorda Marialaura Roselli della Fraternità Missionaria Giovanni Paolo II “Quel Dio che tanto amava temendo che venisse imputato a Lui la sua morte e che questo avrebbe potuto allontanare persone ancora lontane della fede”.